Le scarpe sono la più grande ossessione femminile. In Italia sono cinque milioni i maniaci delle calzature. Gente che acquista anche cinque-sei paia di scarpe a stagione e che fa la fortuna di piccoli e grandi negozi. Il settore è stato “scoperto” da tempo ma ci sono ancora spazi per chi punta sulla specializzazione e fa leva sulla notorietà di un marchio.
Da preferire le semiperiferie molto transitate, ancor meglio se a piedi… I centri storici hanno affitti altissimi. Non a caso i negozi del centro sono sempre più piccoli (a meno che non siano grandi catene) ed espongono scarpe come gioielli, con prezzi all’altezza.
Le vendite di scarpe da donna sono più del doppio di quelle da uomo e il gentilsesso è fortemente legato a moda e marche. L’uomo compra meno, ma quando lo fa sceglie la qualità dei materiali e della fattura, in modo che durino.
Quel che è certo, insomma, è che il negozietto di scarpe vecchio stile non ha più futuro. Gli spazi devono essere arredati in modo moderno (vanno tanto minimalismo, sfarzo, design raffinato, vintage … ), con grande attenzione all’esposizione della merce e alla vetrina. Nel rispetto della tradizione è invece la formula della vendita assistita, dal momento che gli italiani, specie quando comprano calzature, non vogliono rinunciare al servizio.
Puntate sugli addetti alle vendite: devono avere competenza e professionalità, non più solo bella presenza, tanto più che per battere la concorrenza diventa indispensabile offrire servizi innovativi, come ad esempio la realizzazione di scarpe e sottopiedi su misura tramite computer, oppure misure extra long.
Chi parte da zero, senza esperienza nel settore, può avere convenienza ad aderire ad una catena di franchising, purché si scelga il marchio giusto.
Per arredare un negozio di 50 mq. l’investimento è di 15 mila euro, mentre si parla di 40-50 mila per locali di 100-150 mq. Per la merce, da rinnovare anche ogni 15-20 giorni nei periodi “caldi” come ottobre-novembre, si possono superare i 100-130 mila euro. Diverso il discorso quando si tratta di grandi firme: ci sono budget minimi da rispettare ma i prodotti in alcuni casi possono essere in conto vendita. Così fanno anche alcuni franchisor.
E i ricarichi? Per le scarpe di massa sono abbastanza standard: 100% al lordo d’Iva. In pratica, una scarpa da 100 euro più iva viene venduta al pubblico a 200, con un margine netto intorno al 40%. Sulle scarpe firmate e sui prodotti di nicchia i ricarichi arrivano al 200%. Il fatto è che non tutto si vende a prezzo pieno: quando si fanno promozioni varie, i guadagni scendono al 20-25% e durante i saldi quasi si azzerano.
Al netto dei costi come affitto, personale oltre alla merce, le attività che rendono al meglio danno utili (lordi) del 30-35% su fatturati che possono superare i 700 mila euro, per un negozio situato in un importante centro commerciale.
Gli imprenditori più preparati riescono a rientrare dall’investimento in 18 mesi.
Per iniziare, la burocrazia è semplice: bisogna costituire l’impresa e dare al Comune la comunicazione di avvio attività. Inoltre, non mancano i finanziamenti pubblici: dalla legge 215/92 per le tante donne imprenditrici in questo settore alle leggi per la Microimpresa e il Lavoro autonomo per chi avvia l’attività in una zona agevolata.