Una corretta presentazione aziendale ai fini della valutazione del rating, non può prescindere da una analisi dei fattori di rischio insiti nell’impresa.
Dobbiamo partire dal presupposto che conoscere i pericoli, è già un affrontarli, o comunque un predisporre quelle procedure di emergenza utili a limitarne il potenziale danno.
Occorre quindi valutare con attenzione l’azienda, i suoi processi, il suo livello organizzativo per evidenziare quelli che sono i rischi possibili e dimostrare di aver elaborato già delle strategia di securizzazione o di copertura. Molte volte li abbiamo già affrontati senza neanche rendercene conto, quando abbiamo stipulato l’assicurazione incendio e furto, oppure la classica responsabilità civile per danni verso terzi. Ma la banca, questo, non lo sa, perché vede solo il conto “assicurazioni” con una cifra ascritta, ma non sa per cosa è stata utilizzata quella scritta. Spiegare quindi che si ha esatta comprensione dei rischi insiti all’attività della nostra impresa, significa avere il controllo della situazione e della nostra organizzazione. Ovviamente non è un problema assicurativo! Avere la percezione dei nostri rischi deve essere inteso in senso lato.
Il rischio di un’impresa è direttamente connesso alla sua possibile insufficienza di patrimonio, al suo deficit di knowhow per affrontare i cambiamenti, alla sua stessa produzione, nel caso sia possibile una obsolescenza dei prodotti o semplicemente un cambio tecnologico che spazzi via l’utilità dei suoi prodotti. Pensiamo a come cambiano i mercati, per esempio nella tecnologia: In poco più di vent’anni siamo passati dal walkman all’Ipod nano: ne abbiamo sicuramente guadagnato in comodità, ma a livello industriale la modifica è stata epocale ed ha lasciato sul terreno molte imprese, grandi o piccole, che non hanno saputo adeguarsi all’innovazione che avanzava. Sparite le musicassette e tutti gli apparecchi ad esse connessi (registratori, riproduttori, mobili porta musicassette; spariti i dischi, assieme ai giradischi ed obsolete tutte le attrezzature a loro afferenti. Apparsi e spariti in due decenni i lettori di cd portatili, ormai la musica viaggia bluetooth o su chiavetta da un sistema all’altro. In vent’anni, chi è restato sulla cresta dell’onda, ha dovuto rivedere diverse volte il suo business, la sua organizzazione, i suoi processi produttivi ed i suoi prodotti.
Abbiamo poi il rischio di non avere una dimensione sufficiente (massa critica) da poterci aggiornare con le tecnologie a causa del costo della ristrutturazione; abbiamo il rischio che il nostro business venga fagocitato dalla grande distribuzione; abbiamo infine il rischio che l’imprenditore invecchi e che non sia più in grado di gestire l’azienda come faceva prima. Il passaggio generazionale miete più vittime dell’innovazione tecnologica.
Tutte queste cose, così diverse tra di loro, hanno un effetto sul rischio di finanziare un’azienda e quindi un effetto sul rating finale.
In un mondo dominato sempre di più dagli ipermercati, che rischio si ha a finanziare la bottega di periferia, classica tuttologa del quartiere? Per questo occorre una strategia di diversificazione, occorre trovare una nicchia di mercato e posizionarvisi mantenendo la posizione acquisita e difendendola con le unghie e con i denti.
Non dimentichiamoci infatti che una banca non finanzierà mai la sopravvivenza, ma solo l’evoluzione logica di un business. Il rischio, quindi, deve essere ben compreso nel momento in cui si presenta la propria azienda ad un istituto finanziario, perché quest’ultimo non si chiederà se l’azienda è storica o nuova, non si porrà il problema se i suoi prezzi sono bassi o alti, se la sua clientela è fedele o meno, ma si chiederà come l’azienda potrà affrontare la novità di un mondo che cambia, e la risposta sarà il suo metro con cui valutare il rating.