Il popolo del sushi cresce ogni giorno di più e trasforma il pesce crudo in un grande business.
A Milano, Roma e in altre città, accanto a sushi bar e ristoranti aperti negli ultimi dieci anni, stanno debuttando locali che fanno soltanto sushi. Per iniziare, non c’è bisogno di grandi capitali e il business funziona.
Le qualità del pesce nelle specialità sushi sono in genere tonno e salmone sfruttando l’eleganza del riso e delle alghe marine che si sposano con ottimi vini bianchi.
L’interesse della imprenditoria italiana si sta portando anche sui sushi restaurant anche perchè il target di clientela è spesso elevato, e si trovano spesso a mangiare gente di un certo livello che può anche permettersi di spendere un po’ di più per concedersi una serata particolare, da un’aperitivo a una festa, da un evento a una cena formale.
Il successo di un sushi bar può essere consistente solo se si considera un possibile bacino di utenza di almeno 25/30 mila persone, considerando però che i bambini e gli anziani raramente potrebbero scegliere un locale di questo tipo per le proprie serate.
Per chi opta per la formula artigianale sfilettando il pesce a mano con i coltellini appositi, bastano anche 30-40 mila euro tra cucina, arnesi di lavoro e arredo… diversamente, per attività con macchinari che lavorano il pesce, confezionatrici automatiche, abbattitori di temperatura, le cifre salgono anche oltre i 150 mila euro. Questa soluzione conviene se si vuol dar vita a una sushi-factory dove i clienti trovano a qualsiasi ora del giorno decine e decine di sushi & sashimi già pronti nei banchi frigo.
Per cominciare sono sufficienti 30-40 mq per un bancone e qualche sgabello per chi decide di mangiare sul posto. Per il personale, oltre a una persona al banco che riceve anche gli ordini per telefono, c’è bisogno di un cuoco (sushi-man).
Per farsi conoscere non c’è niente di meglio del passaparola ma funzionano bene anche il direct mail, le convenzioni con gli uffici vicini, le tessere punti a premio, la pubblicità in radio e qualche manifesto. La clientela abituale dei locali che fanno sushi è fidelizzata; quando decide di mangiare il pesce crudo va sempre negli stessi posti. Per questo contano sia il buon rapporto qualità/prezzo, sia la simpatia dei gestori.
Il lavoro è costante durante tutto l’anno, ma con la bella stagione gli affari aumentano. Un negozio ben avviato prepara oltre 100 pasti al giorno. L’ordine medio si aggira intorno ai 35-40 euro ma durante il week end c’è anche chi spende cento euro.
Come per tutta la ristorazione, anche sul pesce crudo i ricarichi sono molto forti. Per esempio salmone, orata e branzino, all’ingrosso, costano dai 5 ai 10 euro al chilo… un pezzo di sushi costa da 2 euro in su.
Chi ha spazio potrebbe prevedere di vendere anche prodotti tipici giapponesi (wasabi, soba, udon), tè verde, oggettistica per la casa, libri di cucina e cultura orientale, cd japan music.
Un negozio, anche piccolo, ben avviato riesce a fatturare oltre i 300 mila euro l’anno. Tolte le spese un sushi bar ha un guadagno del 30-35% del fatturato e nei casi di maggior successo si rientra dall’investimento già al primo anno.