Call Center, se ne parla tanto ma in, fondo, si conoscono poco. Quasi delle leggende metropolitane. Si sono ispirati ai lavoratori dei Call Center anche per film recenti.
Eppure nell’immaginario collettivo un Call Cenetr rimane sempre e solo un gruppo di “signorine che rispondono al telefono”.
Allora cominciamo a smontare questo paradigma per ricostruirne un altro più reale per chiarire cos’è un call center oggi e chi sono quelli che vi lavorano.
Potremo dire che un Call Center è un’unità operativa che eroga servizi attraverso l’uso del canale telefonico. I moderni Call Center utilizzano anche altri canali d’accesso quali il fax, le email e il web.
Attraverso i vari canali d’accesso possono essere erogati servizi INBOUND (richieste in ingresso) e OUTBOUND (richieste in uscita) ovvero le risorse assegnate al Call Center possono ricevere telefonate, nel primo caso, o farne, nel secondo.
Possiamo ancora distinguere i Call Center per tipologia di servizio erogato: ci sono servizi informativi, servizi tecnici, servizi commerciali di gestione ordini, servizi di prenotazioni etc.
Un mondo variegato in cui le competenze delle risorse devono essere differenti, passando dalla semplice capacità di gestire una conversazione con un cliente/utente alle specifiche competenze tecniche di chi svolge servizi di assistenza tecnica di tipo software o hardware dovendo, in quest’ultimo caso capire il problema segnalato, saper indirizzare l’utente a svolgere una serie di prove e diagnosticare correttamente il guasto, le parti hardware coinvolte per la sostituzione e così via.
Mestiere complesso, quindi, non solo “Buongiorno, cosa posso fare per lei…” che sulla capacità di gestire la chiamata in linea fonda la sua specificità. Perché le competenze verticali di settore non reggono se dall’altra parte del filo non c’è una persona che sa comprendere lo stato d’animo di chi chiama, non ha la capacità di ridurre ansia e tensione, capire priorità e urgenze.
E ancora, non sentirsi frustrati se non si riesce a risolvere direttamente il problema o fornire l’informazione richiesta e, nel caso dei servizi outbound, se dall’altra parte chiudono la chiamata senza neanche dire “grazie”.
Il resto sembra essere un accessorio, importante per ogni specifico servizio, ma nulla se la base di capacità emotiva non c’è.
Per questo, quando alle nove di sera, dopo una giornata di lavoro durissimo, mi seggo a tavola per la cena e il telefono squilla, sospiro ma mi alzo a rispondere sapendo che di là c’è un ragazzo al suo primo lavoro, magari laureato in fisica o che si sta laureando, che mi chiama per propormi una fantastica opportunità, un nuovo servizio, un prodotto unico nel suo genere.
Certo potrei dire “Grazie ma non mi serve nulla” come si faceva con il venditore porta a porta che bussava e metteva il piedino tra lo stipite e la porta per non fartela chiudere, ma penso al faccino di chi mi chiama e allora con grande pazienza li ascolto mentre sciorinano tutte le fantastiche qualità della loro proposta e solo alla fine spiego che non mi interessa, che non ne ho necessità e li ringrazio molto.
Perché ogni lavoro è fatica e impegno e l’impegno di questi ragazzi va sicuramente premiato.