Il diritto alla privacy si applica alla casella di posta elettronica aziendale? Alcuni anni fa fece discutere l’ordinanza di un gip del Tribunale di Milano la quale sottolineava che, come ogni strumento di lavoro, l’account di posta elettronica non è da considerare nella piena disponibilità del lavoratore.
Questo vuol dire che per ragioni di servizio i nostri superiori possono sbirciare nella nostra posta alla ricerca di informazioni senza le quali l’azienda potrebbe subire un danno? E chi garantisce che l’occhio del capo non cada anche su altro, qualcosa di privato?
Quella vecchia vicenda era legata alla denuncia di una lavoratrice licenziata dopo che un superiore, in sua assenza, era entrato nella casella di posta elettronica scoprendo che questa veniva utilizzata per esaminare progetti non di competenza. Secondo il gip milanese il datore di lavoro si troverebbe sempre nella situazione di supporre il carattere professionale dei messaggi contenuti nell’indirizzo di posta elettronica aziendale.
Ma sulla questione si è pronunciato anche il Garante della privacy, le mail sono tutelate, come tutta la corrispondenza, dall’articolo 15 della Costituzione. E la legge sulla privacy fa comunque salve le norme dello Statuto dei lavoratori (art. 4) che non consentono alcun controllo a distanza dei lavoratori se non previa definizione di precisi limiti dell’azienda e dopo l’accordo con le rappresentanze sindacali.
Il Garante però riconosce al datore di lavoro il diritto di chiedersi se effettivamente il suo sottoposto utilizzi la posta aziendale per lavoro o per fini privati. Per questo il Garante fa delle raccomandazioni:
– il datore di lavoro dovrebbe far utilizzare per lavoro delle e-mail generiche condivise fra più persone (per esempio info@ente.it, ufficiovendite@ente.it, ufficioreclami@società.com, ecc…);
– in caso di assenza del lavoratore, un messaggio automatico dovrebbe informare eventuali mittenti di e-mail di rivolgersi ad un altro collega;
– in caso di assenza del lavoratore, si può pensare a nominare un fiduciario incaricato di rispondere alla sua posta in arrivo;
– si può pensare di inserire nei messaggi di posta elettronica un avvertimento ai destinatari nel quale sia dichiarata l’eventuale natura non personale dei messaggi stessi, precisando se le risposte potranno essere conosciute nell’organizzazione di appartenenza del mittente e con eventuale rinvio alla predetta policy datoriale.
In Garante infine esclude l’ammissibilità di controlli prolungati, costanti o indiscriminati.